Ricordi su due ruote: il nonno, la “Pinarello” e il Passo Rombo

Ricordi su due ruote: una bici appoggiata ad un albero, immagini che scorrono…il nonno, la “Pinarello” e il Passo Rombo

Il nonno

Una bici appoggiata ad un albero mi proietta un’immagine da un passato lontano.
Il nonno Piero, uno stradello ghiaiato, un albero e la piccola bici appoggiata al tronco, io che mi arrampico e cado a terra. E ridiamo…riprovo e ricado, il nonno che affila il “rampino”, un piccolo coltellino ricurvo che portava sempre con se, e ride: “dai che ce la fai” Ed è così, raggiungo il primo ramo e la felicità. E Piero ride…il più bel ricordo e la più bella eredità che mi hai lasciato.

Ricordi

bici

La “Pinarello”

Un’altra immagine arriva, luglio 2005, Treviso granfondo “Pinarello”:”ragazzi oggi si corre tutti insieme, squadra unita e compatta sino al traguardo”. Pronti, via, 20 km e la squadra compatta non c’è più…Io arranco, troppo caldo e troppo stanca. Asma e crampi latenti…sarà durissima. Vincenzo rimane con me, arriviamo al primo punto di ristoro e, ad aspettarci, troviamo solo alcuni componenti della squadra, gli altri, presi dal sacro furore dell’agonismo, erano già fuggiti tra scatti e controscatti. Si riparte e “l’inferno” prende forma: crampi ovunque, persino nella schiena e nelle mani, l’asma si scatena in tutta la sua potenza! Vincenzo lotta contro il mal di denti. Rimaniamo di nuovo soli, siamo ultimi: dietro di noi il carro scopa e l’ambulanza! Più volte veniamo sollecitati a lasciar perdere, a mollare: “falla scendere dalla bici, non ce la fa, la carichiamo noi e la portiamo a Treviso”. Sto quasi per mollare, scendo dalla bici e la appoggio ad un albero, mi viene da piangere…Vincenzo, anch’egli dolorante e la mascella che si gonfia sempre di più, pronuncia una delle sue massime: “tira fuori gli occhi della tigre, rimonta in sella e al traguardo ci arriviamo”.

Ricordi

mollaremai

Gli occhi della tigre?!? Al massimo quelli di un gattino…eppure guardando la bici appoggiata all’albero ho pensato che non poteva finire così. Tutto il tempo dedicato ad allenarmi, i sacrifici per “rubare” un paio di ore al lavoro; l’impegno per conquistare il “Prestigio” rischiava di svanire in un nulla di fatto. Poteva concludersi tutto con quell’immagine mesta della Bianchi ferma, appoggiata ad un tronco ed io seduta per terra, con lo sguardo perso nel vuoto ed incapace di rialzarmi? Non so come, raccattai quel minimo di forza che mi rimaneva, mi rialzai guardai la bici e le sussurrai che si era già riposata a sufficienza ed era ora di ripartire.
Risalii in sella e proseguimmo. La fatica e il dolore dei crampi, che non davano tregua, li ricordo bene: un cane che mordeva la carne! Le ruote parevano frenate, quasi ci fosse qualcuno a trascinarmi indietro, non ne volevano sapere di avanzare. Non c’era bisogno di parole, ci intendevamo a cenni io e Vincenzo: le lacrime rigavano il mio volto, sul suo era scolpita una smorfia di dolore, il male ai denti non gli concedeva tregua. Nonostante ciò i nostri occhi dicevano di proseguire.

Ricordi

Vincenzo

Quando mancavano solo 40 km al traguardo, incontrammo alcuni compagni di strada che ci stavano aspettando. Ci accodammo a loro, io ero sfinita ma, cercando perbene, trovai ancora un briciolo di forza per non perdere le ruote del gruppo. Intanto Vincenzo vigilava, attento che non mi staccassi e, come una litania, continuava a ripetermi: “al traguardo ci arriviamo, abbiamo gli occhi della tigre”!!

Ultimo kilometro, dietro una curva si intravedeva lo striscione del traguardo: era finita, ce l’avevamo fatta!
Ad attenderci mio marito, Carla e pochi altri, e cioè coloro che, nonostante tutto, avevano sempre creduto che al traguardo ci saremmo arrivati.
Il “Prestigio” era conquistato, ma a che prezzo! Ero sfinita, la testa vuota e le forze ridotte a zero ma comunque felice del risultato conseguito.
Troppo felice tanto che, di lì a poco, qualcuno, con le sue parole, provò a “rubarmi” il sorriso: “eh ma non si fa così, pedalare in quelle condizioni, e poi Vincenzo si sarà sentito obbligato a non lasciarti sola…lui va più forte, avrebbe fatto sicuramente un buon tempo e, invece, è dovuto rimanere con te”
Rimasi interdetta, non riuscivo a capacitarmi di quelle parole ma, soprattutto, del motivo che aveva spinto a pronunciarle. Stupidità? Ignoranza? Cattiveria? Per qualche tempo me lo sono chiesta, poi ho smesso. Quelle parole non meritavano altra considerazione.
La risposta migliore è stata il continuare a pedalare.
La bicicletta insegna la fatica, la sofferenza fisica e mentale ma aiuta anche a trovare gli strumenti per gestirla e superarla. Ed è proprio per tutta la fatica e la sofferenza patite per raggiungere un obiettivo, che certe parole “maldestre” non meritano di scalfire l’animo di chi si è fatto carico di quella fatica.

Ricordi

Io , Vincenzo e Carla

Passo Rombo

Fine agosto 2006, Oetztaler Radmarathon, dopo avere percorso la discesa dal Passo Giovo mi ritrovo a San Leonardo in Passiria, all’attacco della salita che conduce al Passo Rombo. E’ una salita “mostro”, quasi 30 km di ascesa, quando nelle gambe ci sono già 170 km percorsi! Salgo piano, residuano poche forze e bisogna farne conto; siamo un gruppetto eterogeneo: italiani, tedeschi e spagnoli. Ci scambiamo poche parole, sta pure ricominciando a piovere e, mano a mano si sale, l’aria è sempre più fredda. Guardo l’ora, faccio un po’ di calcoli e capisco che, a meno di una grossa crisi improvvisa, dovrei arrivare sul Passo prima delle 19,30. Giunti al punto di ristoro, a metà salita, ci scaldiamo con un tè caldo e cerchiamo di mangiare qualcosa.

Ricordi

Oetztaler 2006

Si riparte; quando mancano poco meno di 8 km al Passo vedo un ciclista scendere dalla bici, appoggiarla al muro di protezione, togliersi le scarpe ed esclamare: “per me finisce qua, basta!” Mentre passo cerco di fargli notare che non manca molto, di cercare di proseguire a piedi per un po’. Mi guarda e scuote la testa, i suoi occhi parlano: “non c’è più niente, queste strade mi hanno prosciugato!”
Nell’immagine di quella bici appoggiata al muro di protezione, con la ruota anteriore girata verso l’esterno e che sembrava volersi adagiare a terra ho visto la “Fatica” prendere forma: il mezzo meccanico assumeva le movenze di chi, sino a poco prima, era su di esso e ne spingeva i pedali. Il ciclista seduto e la bici che tendeva a sdraiarsi: fatica, stanchezza e sofferenza. Talvolta prendono il sopravvento queste nostre compagne di viaggio, non ne vogliono sapere di proseguire, ci obbligano a scendere e ad appoggiare la bici a un albero, a un muro o un guard rail.
Ecco quando vedo una bicicletta ferma, appoggiata ad un albero, mi chiedo sempre quanto abbia viaggiato, quali pensieri e storie abbia trasportato, quanta stanchezza vi sia nelle gambe di chi l’ha condotta fino a lì. Non penso mai che sia arrivata a destinazione, perché una bici, prima o poi, riparte. Fatica e stanchezza non sono eterne, non c’è nulla di male a fermarsi un poco, passano e il viaggio ricomincia.

Ricordi

“Io sono quello che sono e questo è tutto quello che sono ” Popey – Braccio di Ferro

Quante storie può raccontare una bici che riposa!

Ricordi

San Pellegrino in Alpe

P.S.: il Passo Rombo l’ho raggiunto nei tempi stabiliti e sono, così, riuscita a portare a termine l’Oetztaler Radmarathon 2006.

Purtroppo non posseggo fotografie della “Pinarello” 2005, spero che le parole siano riuscite a rendere la situazione di estrema difficoltà in cui venni a trovarmi.
Un ringraziamento particolare va Vincenzo e Carla, i ciclisti “visionari”. Il “Prestigio” 2005 fu il più bello per l’impegno e la passione, e anche le arrabbiature, profuse per riuscire a conquistarlo.

Written, edere and posted by Cinzia Vecchi “Cinziainbici”

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13 Replies to “Ricordi su due ruote: il nonno, la “Pinarello” e il Passo Rombo”

  1. Brava Cinzia, ti leggo sempre volentieri, siamo in sintonia. Penso che le più belle vittorie si godono al massimo se si è fatto tesoro delle più cocenti sconfitte, e di queste ne abbiamo avute tutti! Un abbraccio

    • Ciao Marco, è così, dopo una sconfitta o una immane fatica riesci davvero ad apprezzare i risultati positivi raggiunti.
      Buone pedalate e, prima o poi, ci incontreremo su qualche strada.

  2. Ciao Cinzia….il Rombo mi porta indietro di 25 anni…..con bici + carrello di rientro da tour austriaco .
    Che bello però avere questi ricordi indelebili !
    Maurizio

  3. Cara Cinzia,
    per caso sono arrivato a leggere questo tuo stupendo articolo, che testimonia tutta la tua passione per la bici, ma anche un carattere che, più volte, ti ha portato a superare l’asticella posta oltre il limite fino a quel momento raggiunto!
    Sei una top, Cinziietta, e adesso ti spiego perché.
    PINARELLO 2005
    C’ero anch’io quel giorno e posso confermare che era caldo come in poche occasioni!
    Anche per me quella era la granfondo del primo Prestigio, a 54 anni, quando in bici avevo cominciato ad andare, 7/8 anni prima, solo perché avevo visto il numero 100 guardando la bilancia mentre ci stavo sopra.
    Un Prestigio nato per caso, a fine 2004, durante la cena di fine anno fatta con la mia squadra di allora, la Ciclo Club 91 B&B.
    Avevamo fatto quell’anno la mia prima Maratona dles Dolomites e mi scappò di dire: “Adesso cosa ci ferma, ci manca solo il Prestigio!”
    Altri tre risposero all’appello e Prestigio fu. Dove? Ma a Treviso, in quella giornata assolata, caldissima, in cui ci pappammo quei 200 km.. Superammo prima il Madean, da Combai, in mezzo ad una nebbia che, in cima, non ci permetteva di vederci, a pochi metri di distanza. Di questa salita ricordo che la paragonai al nostro Petrano, ma, soprattutto, ricordo bene la discesa su Valdobbiadene, con l’odore di zolfo, con cui i viticoltori della zona cercavano di proteggere dall’umidità le vigne che producono quel nettare che si chiama prosecco!
    Poi fu la volta del Tomba, una salita ostica come poche, ma che, in cima, ripaga con una vista mozzafiato!
    Infine la Presa XIV del Montello, corta, ma ostica, fatta sotto il caldo dell’ora di pranzo.
    Quando si scese dal Montello, io, che in quel periodo in discesa ero scapestrato, mi ritrovai davanti al gruppetto di cui facevo parte. Sapevo che era fatta, che il Prestigio tanto agognato stava arrivando, che io, che ero salito su una bici quasi per caso, solo per calare un po’ di peso, mi ritrovo capace di tanto! Sento le lacrime solcare il mio viso, ce l’ho fatta!
    OETZTALER 2006
    Anche quel giorno io e te eravamo accomunati dalla stessa sorte, dover superare di nuovo l’asticella!
    Quell’anno ero preparato bene, al Prestigio volevo fare il 9 su 9 e, per raggiungere l’obiettivo, bisognava superare l’ostacolo dei 238 km. e 5.500 mt. di dislivello dell’Oetztaler.
    Quell’anno, con i miei amici, ero passato alla Cicli Matteoni, una squadra vera, che lottava per il Prestigio di società.
    Fino a quel giorno tutto era andato secondo i piani, ecco arrivato il momento della verità!
    Il viaggio in pulman, tutti un po’ tesi, concentrati, com’è giusto che sia prima di affrontare una prova così!
    Io sono solito fare sempre un po’ di conti e mi ero preparato una tabellina con i tempi di passaggio in cima alle salite e all’arrivo. I miei amici la vedono e, rivolgendosi a Daniele Bertozzi, il nostro Capitano, “Guarda, Daniele, Pino ha preparato anche la tabella!” Risposta: “Pino o non capisce un c… di ciclismo o si conosce benissimo!” Il tempo finale recitava 10h e 40m; dopo 10h e 25m io e Nadia Piselli, con la quale avevo percorso tutto il Rombo, facendoci forza l’un l’altra, transitavamo sotto lo striscione d’arrivo!
    Anche quel giorno arrivarono le lacrime: se, qualche anno prima, qualcuno me lo avesse pronosticato, gli avrei riso in faccia!

    Questi ricordi sono dedicati a te, cara Cinzia!

    • Giuseppe, senza saperlo, le nostre strade si sono incrociate già diversi anni fa e in condizioni estreme. Le randonnee, evidentemente, erano il nostro naturale approdo!
      Grazie di cuore per le Tue bellissime parole, dette da Te, grande randonneur, assumono un significato particolare. Un abbraccio Giuseppe e a presto per pedalare di nuovo insieme.