Un passo dopo l’altro: alle sorgenti del fiume Secchia

   Un inverno che pare primavera avanzata, la neve che ricopre solo le cime più alte; beh, allora, si potrebbe far riposare la bici e portare a spasso zaino e scarponi; in effetti è un po’ che se ne stanno in un angolo a prendere polvere.
Già, ma dove andare? L’Appennino è qui, a portata di scarponi, sentieri non ancora solcati ce ne sono a bizzeffe. Un’occhiata alle carte e alle guide; no ma, aspetta, chiedi bene alla persona che dell’appennino conosce ogni sentiero, traccia ed angolo: Sonia #appenninoincammino 
Non la conoscete? Allora, a partire dal mese di giugno, seguite su TRC (canale 11 del digitale terrestre) la trasmissione “Estate in Appennino”, Sonia vi porterà, ogni settimana, alla scoperta delle più belle camminate dell’appennino modenese, reggiano e bolognese.

Un rapido scambio di messaggi e la meta è fissata: si va alle sorgenti del fiume Secchia, nell’appennino reggiano alle pendici dell’Alpe di Succiso.

Domenica 23 febbraio

La sveglia suona presto, il tempo è buono. La televisione è accesa, si susseguono le notizie sul diffondersi del coronavirus…è arrivato anche nella nostra regione…però, mica ci possiamo barricare in casa e cedere al panico. 
Una veloce colazione e alle h. 8,00 partiamo. Poco più di un’ora d’auto e arriviamo al Passo del Cerreto.

Non so quante volte ci son salita in bici e, sempre, rientravo con la curiosità di capire dove fosse la sorgente del Secchia e come si presentasse quella parte di appennino. Nel mio girovagare in bici intuivo le vette del Casarola e dell’Alpe di Succiso  ma i sentieri, i boschi, quelli no. Troppo in disparte, a debita distanza dalle strade e dal traffico.  Loro sono fatti per chi, a piedi, passo dopo passo, si da il tempo di andarli a cercare.

Il sentiero 

Parcheggiata l’auto al Passo del Cerreto ci incamminiamo verso il Passo dell’Ospedalaccio (segnavia 00 e, poi, 671). Il sentiero è agevole, in leggera salita ma non presenta particolari difficoltà. La vista sulla valle del Secchia è spettacolare: da un lato il Ventasso e la Pietra di Bismantova, dall’altro il Cavalbianco 

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In breve siamo al Passo Ospedalaccio passo

Da qui il sentiero si fa più ruvido e sgarbato, un’erta ripida da togliere il fiato! Ma non mi perdo certo d’animo, il mio passo lento e costante, intervallato da qualche sosta per immortalare le montagne circostanti, son sicura che ne avrà ragione. 

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Il sentiero sale, ora, attraverso un bosco di faggi, per terra si scorgono i primi crochi

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Certo che fa strano vederli contornati di foglie anziché di neve…già, di neve non se ne scorge nemmeno l’ombra, e dire che dovremmo proprio camminarci sopra. E, invece, solo foglie e terra. Domina il color bruciato…colori autunnali e temperature primaverili…

Arriviamo al termine della salita, usciamo dal bosco e, in breve, ci troviamo dinanzi alla meraviglia: un anfiteatro naturale!

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La conca del Prataccio, un enorme prato, contornato dalle vette appenniniche, ove scorre un  torrente, sì, è il fiume Secchia!
Il fiume di casa,  quasi fosse un bambino che si diverte a giocare su questo esteso pratone

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Invece, in pianura, lo incontri bello cresciuto, un adulto fatto e finito che, talvolta, si arrabbia e fa la voce grossa, per poi calmarsi e proseguire la sua corsa, placida e lenta, sino a Quingentole (Mn) dove le sue acque si vanno a mescolare con quelle del Po.

Adesso che ci penso del fiume Secchia ho visto sia dove nasce che dove termina la sua corsa. 

E’ importante risalire alle origini, al luogo di nascita di uno degli elementi che caratterizza e rappresenta la nostra terra. E’ un tratto forte della nostra identità il fiume; risalire alla sua sorgente è ritrovare parte delle nostre radici. Forse risiede proprio qua la passione e l’amore per la montagna, che mi accompagna da ché ho memoria. Che, poi, camminando vai a scoprire dei pezzi di te che non conoscevi…

Passo di Pietratagliata

Bene, adesso che siamo alle sorgenti che si fa? Un panino e rientriamo? Non vorremo mica fermarci ora?!?
Dai, dai, proseguiamo almeno sino al Passo di Pietratagliata.
Si ricomincia a salire, un passo per volta, che il sentiero non è propriamente gentile.
Mano a mano ci avviciniamo al passo il vento aumenta di intensità, raffiche che paiono schiaffi. Giunte al passo quasi non si sta in piedi talmente è forte. Non mi era mai capitato di dovermi sedere per terra, riparata da una roccia, per riuscire a scattare una foto!

E’ davvero suggestivo il passo

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due triangoli di roccia che paiono fissarsi negli occhi, alteri, quasi a sfidarsi l’un l’altro, così, immobili in un tempo eterno che sembra essersi fermato.

Qui, purtroppo, si arresta  la nostra ascesa. L’intensità del vento renderebbe il nostro cammino verso l’Alpe di Succiso e il Casarola 

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troppo pericoloso. Meglio scendere a valle e riprovare in un’altra giornata.

Rientro al Passo del Cerreto 

Una volta ridiscese alla conca del Prataccio, imbocchiamo il sentiero 675, che ci ricondurrà agevolmente al Passo Ospedalaccio attraverso un bosco di faggi 

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Dall’Ospedalaccio al Cerreto il sentiero è il medesimo effettuato all’andata. 
Le gambe sono un poco dolenti ma l’animo è decisamente sereno, lontano anni luce da quella follia che ha indotto migliaia di persone ad affollare supermercati e centri commerciali!

I timori, le paure vanno ascoltate ma anche governate. E, allora, una sana e faticosa camminata nel silenzio dell’appennino può davvero aiutare, soprattutto a riportare le cose alla loro giusta dimensione

Un ringraziamento speciale a Sonia che mi ha accompagnata a scoprire questa parte incontaminata e selvaggia del nostro appennino. 

Dati tecnici:
a questo link i dettagli della camminata 
complessivamente sono stati 12 i km percorsi ed il dislivello è stato pari a 745 metri.

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