Sicilia No Stop – il randoracconto di una “randonnée monumento”

 

Come si fa a raccontare la Sicilia No Stop?!? Semplice, con un randoracconto! E non può essere altrimenti…1000 km in bici mica li puoi esaurire in tre righe…

Ma partiamo dall’inizio. A gennaio, scorrendo il calendario ARI, l’occhio cade su Sicilia No Stop, il giro dell’isola per complessivi 1000 km da coprire in 75 ore!
Dai pedalare al caldo e in riva al mare non deve essere così male…
Il quartetto Sicilia No Stop è così composto: io, Sonia, Eros e Lucio.
Ai primi di marzo ci iscriviamo…nel frattempo proviamo a pedalare ma il tempo rema contro: freddo, pioggia e neve…praticamente la preparazione si riduce al mese di aprile e di maggio. Un paio di randonne da 200 km, il 300 di Fano e una rando autogestita di 400 km (Randonnee Berico Euganea Randonnee della Fortuna km 300  Rando autogestita Nove Colli notturna ).
Purtroppo Lucio deve rinunciare. Nel frattempo il Capitano Leo decide partecipare.
Il viaggio decidiamo di affrontarlo in auto: ecco l’ammiraglia  con portapacchi professionale , magistralmente predisposta dal “Mito” Eros.
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La partenza è fissata per sabato 26 maggio.

Il viaggio – sabato 26 e domenica 27 maggio

Sabato 26 maggio, h. 12,00, si parte da Nonantola, direzione Roma dove faremo tappa alla sera a casa di Claudia, la figlia di Eros. Arriviamo intorno alle 18,00…l’ultima volta che mi sono recata a Roma correva l’anno 2000…non è cambiata, traffico caotico, i monumenti sempre al loro posto…Circo Massimo, Piazza San Giovanni, la Piramide. E cosa si fa arrivati a Roma? Ovviamente un aperitivo a base di birra…mica possiamo smentirci

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e poi una buona pizza alla Garbatella.
Domenica mattina ci raggiunge Leo e alle 10,00 partiamo alla volta della Sicilia. Ma quanto è lunga l’Italia?!? Ma, soprattutto, quanto è bella? Il mare, le montagne, manca la pianura…ebbene sì, questa è confinata al nord…le diverse tonalità di blu ed il verde delle montagne, il sole accecante, i profumi, la macchia mediterranea…eh, la grande bellezza!
La Calabria, poi, pare infinita (nota di colore: i lavori sulla Salerno – Reggio Calabria sono davvero terminati ed è un’autostrada scorrevole e pure bella!).
Poco dopo le 19,00 siamo a Villa San Giovanni…non ero mai arrivata così a sud, e lo stretto di Messina è davvero “stretto”…quasi quasi un ponte ci starebbe bene!

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Diamo un’occhiata alla chat di Sicilia No Stop e troviamo un messaggio di Alfio,  che ci invita a contattarlo, ci vorrebbe salutare visto che abita a pochi passi dal porto di sbarco. E così facciamo. Non appena sbarcati si fa riconoscere ed è subito benvenuti al sud! Ci aspetta con un vassoio di paste: l’accoglienza del sud e poi più! Non ha pari nel resto d’Italia e, oserei dire, d’Europa. Comincia davvero bene questa trasferta siciliana, il cuore grande di Alfio…grazie ancora perché non potevamo essere accolti meglio in terra di Sicilia.

Salutiamo Alfio e proseguiamo per Acireale dove arriveremo alle 21,00. Alloggiamo al camping “La Timpa”, un bungalow con vista mare, una meraviglia! Il “Colonnello” Pino Leone è già lì da alcuni giorni, ci aspetta per la cena: pizza, birra, chiacchere e poi si va a riposare

Lunedì 28 maggio

Alle 10,00 partiamo per sgambatina “sgolfa gambe”, come dice la Capitana Sonia, indolenzite dal lungo viaggio in auto. Andiamo ad Aci Trezza, luogo della partenza della Siclia No Stop; ed è subito granita al caffè e brioches! Nemmeno il tempo di accomodarci al bar che cominciano gli incontri “randagi”: Rosy, Franco, Biagio, Salvatore, Graziano, Alberto, Fausto, Antonio, Ennio, Daniele, Andrea, Carla, Loretta, Mariano, Giancarlo e tutti gli altri di cui non ricordo il nome (scusatemi).

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Mi guardo intorno ed è tutto un richiamo di storia, mitologia, letteratura, cinema: i Ciclopi, Giovanni Verga e “I Malavoglia”, Luchino Visconti e “La terra trema”…mi gira la testa 

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Al pomeriggio briefing all’Hotel “I Malavoglia”, ritiriamo le carte di viaggio e ascoltiamo gli ultimi consigli e indicazioni della organizzazione. Salvatore Bonfiglio si incarica di fornirci le ultime indicazioni sul percorso, ci descrive la salita dell’Etna a suo dire abbastanza pedalabile (e saranno dolori invece…), e poi ci mostra il punto più problematico del percorso dove sbagliare svincolo significa trovarsi in autostrada! Attenzione massima; i consigli su come affrontare la statale 115: rifornitevi di acqua, tanta acqua.

Salvatore Giordano, l’anima dei questa rando monumento, è in giro in ricognizione, a segnalare le buche nella discesa dell’Etna…questo è prendersi cura dei partecipanti, avere a cuore la loro sicurezza.

Terminato il briefing si va subito a cena, poi in camping, per gli ultimi preparativi, alleggeriamo ulteriormente le borse, tutto è ridotto all’osso…il minimo indispensabile. Ecco le rando son belle perché ti obbligano all’essenziale: a togliere cose, oggetti e a incamerare l’immateriale: profumi, immagini, sentimenti, emozioni.

Mi sdraio ma Morfeo non ne vuol sapere di accogliermi tra le sue braccia…un po’ di giravolte e “prilli”…non so a che ora, ma mi addormento…e ho come l’impressione di non essere l’unica. Alle 4,00 suona la sveglia, ci infiliamo le divise, due merendine come colazione e via in sella alla bici. Sono le 5,00 ci avviamo verso Aci Trezza, a salire incontriamo i mezzi speciali : reclinate, velomobile e handbike.

Alle 5,30 siamo sul lungomare dei Ciclopi,

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ecco Salvatore Giordano pronto ad accoglierci per il timbro di partenza e gli ultimi consigli di viaggio. Poco prima delle 6,00 si parte, è subito salita.

L’Etna e il Tindari

La prima tappa della SNS sono 46 km di salita, da Aci Trezza al rifugio Sapienza. La prima metà, sino a Nicolosi, nonostante salga costantemente, risulta abbastanza pedalabile. In questi primi km facciamo conoscenza con il traffico locale…veloce, suoni di clacson frequenti, insomma occorrono mille occhi, e sarà così per tutti i 1000 km.
A Nicolosi inizia la salita vera e propria. Si scorge il vulcano: maestoso, imponente! Mano a mano si sale si fanno evidenti i segni delle eruzioni con le colate laviche solidificate a lato strada. La cosa che mi colpisce sono i fiori che, imperterriti, crescono tra le rocce: la bellezza è più forte di tutto!
Affrontare una salita così, in partenza, non è proprio salutare per le gambe che ne risentono immediatamente…ma basta ingannarle con il trucco delle foto: d’altra parte sei in uno dei luoghi più suggestivi del mondo e vuoi non fare una sosta per catturare qualche immagine?!? La montagna è benevola oggi e pure il tempo: le nuvole coprono il sole consentendoci di salire con una temperatura umana e senza schiattare dal caldo.

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Arriviamo al rifugio Sapienza intorno alle 9,35, Salvatore ci attende per apporre il secondo timbro, e per accoglierci calorosamente. Breve sosta per una seconda più sostanziosa colazione, qualche scatto e via che si riparte.

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La strada non è delle migliori, fondo ruvido, buche, e i colpi sulle mani cominciano a farsi sentire. Si vedono residui di polveri laviche svolazzare e, meraviglia, l’Etna lancia uno sbuffo, si vede una colonna di fumo fuoriuscire dal cratere. A questo punto la sosta è d’obbligo per una foto.

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In breve arriviamo a Giarre dove recuperiamo borse e borsini da bici. E da qui si costituisce un bel gruppetto di “randagi” per proseguire verso il prossimo punto di controllo a Messina. Siamo io, Sonia, Eros e Leo, il Facebike Team, il Colonnello Pino, Maria, Giancarlo, Flavio, Fausto, Giancarlo “Alè Alè”, Daniele e Andrea (e forse qualcun altro di cui non ricordo il nome). Un gruppo piuttosto “folto” rispetto al solito. E i diversi modi di interpretare una randonnee non tardano a manifestarsi creando anche qualche malinteso. Non è il mio modo di pedalare, e capisco che non mi sto godendo pienamente il viaggio, complice, anche, un problema alla tacchetta sinistra: non si aggancia più al pedale! Ogni ripartenza diventa un problema, dopo Giardini Naxos mi stacco dal gruppo, Eros mi aspetta, Sonia e Leo rallentano e riusciamo a ricongiungerci.

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Inizio a pensare che sia stato un errore venire qua e mi do dell’asina per non avere controllato le tacchette prima di partire…d’altro canto sembravano perfettamente in ordine. Comunque sia, il problema, ora, va risolto. Nei pressi di Villafranca Tirrena chiedo ad passante se vi sia un meccanico nei paraggi e, prontamente, mi indica un negozio di ricambi di bici a poche centinaia di metri. Il meccanico prova a pulire pedale e tacchetta ma il problema permane, a quel punto non resta che provare a sostituirla. Per fortuna ne ho una di scorta con me, il meccanico ci fornisce gli attrezzi necessari e Leo procede alla sostituzione…problema risolto la tacchetta si aggancia di nuovo, era solo consumata…la prossima volta mi ricorderò di farle controllare prima di partire…tutta esperienza.
Si riparte e son più tranquilla.
Ci aspetta la salita di Tindari, pedalabile, poco trafficata, panorami mozzafiato e il Santuario di Maria Santissima che si staglia sulla vetta.
Mentre saliamo incontriamo gli amici sulle bici reclinate, Antonio ed Ennio 

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Si avvicina il tramonto, scendiamo velocemente a Patti dove ci attende un altro controllo e la cena offerta da Salvatore Giordano. Abbiamo percorso 234 km, in effetti un abbondante  piatto di pasta è quello che ci vuole per reintegrare e recuperare le forze. E qui è uno spettacolo vedere i “randagi”: chi scalzo, chi con le ciabatte, tutti rigorosamente senza scarpe…bisogna dare un poco di tregua anche ai piedi!

La notte – Cefalù

Terminata la cena il sole è ormai calato, infiliamo le bretelle catarifrangenti e accendiamo le luci. Ci aspetta una tappa di 108 km da pedalare al buio. E non sarà pianura perché il dislivello è indicato in 829 mt…infatti si prosegue tra saliscendi, tratti in salita, discese. Eppure non è poi così buio, volgo lo sguardo al cielo e vedo una luna piena da togliere il respiro, una volta celeste costellata da miliardi di puntini luminosi…mamma mia quante stelle! Provo a scattare qualche foto ma la qualità è pessima, non rendono per nulla la bellezza da cui siamo contornati.
Passiamo in sequenza Capo d’Orlando, con il suo porto illuminato  e Santo Stefano di Camastra con le sue ceramiche artistiche. Prima di arrivare a Cefalù facciamo una sosta di dieci minuti, mi siedo e, immancabilmente, mi addormento…la stanchezza si fa sentire, e non poco. Parte del gruppo, comunque, riparte…li raggiungeremo pochi km dopo.

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Alle 2,20 della mattina arriviamo a Cefalù, il punto di controllo è posto presso un albergo dove si può sostare per una doccia e alcune ore di riposo. Prendiamo una camera per dormire almeno tre ore e fissiamo l’orario di partenza per le h. 6,30.

Cefalù – Trapani

Alle h. 6,30 io, Sonia, Eros e Leo siamo pronti per partire…mancano Daniele e Andrea i quali hanno proseguito a pedalare nel corso della notte in quanto, pare, non vi fossero stanze disponibili… il resto del gruppo non è ancora pronto per partire. Forse non ci eravamo compresi sull’orario di partenza…In ogni caso noi ci avviamo, anche perché la tappa sarà piuttosto impegnativa: 174 km e 1554 d+.
Dopo pochi km ci fermiamo in un bar per la colazione dove ci raggiungerà anche la restante parte del gruppo. L’orario entro il quale arrivare a Trapani è fissato per le h. 16,24. Di fatto partiamo alle 8,00…un po’ tardino! Comunque pensiamo a pedalare…il sole scalda oggi, il termometro supera ben presto i 30 gradi…la pelle brucia.

Il percorso è piuttosto mosso, a Termini Imerese ci aspetta uno strappo velenoso per entrare in paese
Dopodiché puntiamo su Palermo e, una volta arrivati, capiamo che effettivamente “il problema è il traffico”! Definirlo caotico è poco, non si capisce nulla…urge una sosta…toast e coca cola; rifornimento d’acqua e si riparte.

Arriviamo nei pressi di Castellamare del Golfo: un gioiello! Tanto che siamo quasi “obbligati” a fermarci più di una volta a scattare qualche foto…sono immagini da portare a casa, quelle che ti fanno dimenticare la fatica e il caldo!

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La strada che stiamo percorrendo è quella che conduce a Valderice, ha un andamento incompresibile, quasi beffardo, sale, ti illude con una breve discesa e poi torna a salire…il tutto sotto un sole torrido e con una temperatura che ha ormai superato i 35 gradi.
Siamo sparpagliati, in salita ognuno va come può.
Finalmente scolliniamo, inizia la discesa, una picchiata di alcuni km su Trapani. Il pensiero del bar ci fa procedere spediti sul vialone in cui è situato.
Coca, gelato e un panino da mettere in tasca. Il caldo è sempre più insopportabile.
Sono le 16,30, un quarto d’ora di sosta e si riparte alla volta di Castelvetrano.
Tappa relativamente corta e poco impegnativa, 73 km e 380 d+.
Scorrono sotto le ruote Marsala e Mazara del Vallo. Arriviamo al controllo di Castelvetrano giusto in tempo prima della chiusura del bar, ma un piatto di pasta e un caffè ce lo preparano

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Il gruppo si divide, una parte va al ristorante; rimaniamo io, Sonia, Leo, Eros, Maria e Pino. Daniele e Andrea, che avevamo ritrovati sul percorso, decidono di fermarsi alcune ore per riposare.
Abbiamo superato i 500 km, siamo al giro di boa.

Statale 115 – Porto Empedocle

Usciamo dal bar che il sole è già tramontato; infiliamo manicotti, gambali e smanicato. Ci aspetta una tappa che preoccupa, la statale 115 sino a porto Empedocle: 87 km e 1166 d+…strada a scorrimento veloce, 10 viadotti altissimi da evitare se il vento soffia forte, per acqua e viveri occorre uscire, praticamente l’unica possibilità è Sciacca. Serpeggia preoccupazione per non dire paura. Mani salde e si va. Domanda: ma il dislivello dove è concentrato? Sale sempre, le pendenze non sono elevate ma non da tregua.
I viadotti: praticamente enormi cavalcavia. Ci si scherza: “dai che i nostri cavalcavia, poi, li facciamo con una gamba sola! siam venuti qua apposta per allenarci!”.
Le auto e i camion, per fortuna pochi, sfrecciano velocissimi. Il primo cavalcavia è un percorso a ostacoli: si viaggia su una corsia a senso alternato regolato da semaforo, ovviamente il tratto è in salita e tocca farlo in due tempi.

Cerco il mare, fatico a vederlo…siamo circondati dalle montagne.

Eppure è una notte di quelle belle: la luna piena, capace di illuminare il buio delle paure, il riflesso sul mare… e viene voglia di rubarla l’immagine ma non si può, troppo pericoloso fermarsi, non rimane che portarla con sé, dentro al  cuore e all’anima.

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Perché la poesia non ha sempre bisogno di parole ma è già lì, e non aspetta altro che qualcuno la veda e la faccia sua…la poesia la puoi trovare in notti così, su un viadotto, in una immagine di una semplicità disarmante…l’ordinario che diviene straordinario. Viene voglia di dire grazie, il cuore fa dei bei ciocchi… che se solo ci penso ci voleva proprio di salire su una bici per trovare la poesia per la strada. E se lo racconti in giro ti guardano come “se non fossi mica tutta a casa”; che diamine dici?!? Pedali per centinaia di km, hai spesso sonno, ti siedi per terra e ti addormenti, e riesci pure a trovare della poesia intorno a te?!? Sì, perché sai cosa diceva Massimo Troisi: ”La poesia non è di chi la scrive, ma è di chi gli serve”. E te ne serve di poesia a pedalare per così tanti km, magari di notte, dove non capisci nemmeno bene dove sei. Ma non ti serve mica quella poesia che per capirla te la devono spiegare, no ti serve quella che ti entra dentro, che ti colpisce, e non sai spiegarla: è la poesia e basta! E’ quella che trovi in una immagine, in un suono, in un fiore, nel profilo di una montagna, nel rumore del mare…è quella che trovi nel posto più impensato di questo mondo…su un viadotto!

Ma torniamo a noi. Statale 115…occorre una sosta, usciamo a Sciacca, troviamo una birreria aperta, beviamo una coca e facciamo un microsonno.
Due parole con gli avventori, stupiti da quanto stiamo facendo.
Ci rimettiamo in carreggiata, non è lontano Porto Empedocle, ma manca molto dislivello…sale, scende, e poi risale…e qui parte il tormentone, Sonia intona le parole di “Salirò”…e Leo parte per diventare un puntino lontano!!

La stanchezza non da tregua, occorre un’altra sosta

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Si riparte e vediamo comparire qualche cartello ad indicare  Porto Empedocle, la strada scende, ci siamo…no ancora un pezzo di salita per raggiungere l’albergo. Sono quasi le 3 del mattino.
Fissiamo l’orario di ripartenza per le 7,00. Dopo una doccia ristoratrice crolliamo addormentate. Alle 6,30 suona la sveglia e scattiamo tutte e tre, io, Maria e Sonia su l’attenti! Con una mano spengo la sveglia con l’altra afferro la maglietta e i pantaloncini.

Porto Empedocle – Gela

Alle 7,00 siamo in sella e si parte. Siamo in sintonia, pedaliamo bene, stanchi ma più sereni. Ancora un lungo tratto di 115, questa volta tutto al sole…pare di andare a fuoco. Sollevo lo sguardo e scorgo i templi di Agrigento.

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Il prossimo punto tappa è a Gela…inizia a salire un poco di agitazione, l’organizzazione segnala la possibile presenza di cani randagi nella zona industriale. Arriviamo a Gela, l’impressione è pessima, traffico caotico all’inverosimile, trascuratezza…forse è il luogo meno bello che abbiamo attraversato. Il bar riscatta il tutto: cannolo e semifreddo!

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Si sta meglio decisamente.

Ripartiamo, stiamo uniti, in gruppo…passiamo la zona del petrolchimico indenni, non v’è traccia di randagi eccetto noi!
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Ultime due tappe : Gela – Portopalo di Capopassero – Aci Trezza

Ci aspettano le ultime due tappe.
La prima ci porterà a Portopalo di Capopassero in un alternarsi di lungomare e zone agricole: Pachino con i suoi pomodorini, poi le terre delle uve del donnafugata, la marina di Modica e di Ragusa, le terre del “Commissario Montalbano” Punta Secca e Scicli.

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Nei pressi di Punta Secca facciamo una sosta e veniamo raggiunti da Marco e Mariano che proseguiranno con noi.

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Mancano poco meno di 200 km, le gambe cominciano a dolere, parlo con loro e chiedo gentilmente di non abbandonarmi; un utimo sforzo poi vi farò riposare. Un accenno di crampi, mi sposto dietro…intavolo una discussione intensa con le gambe, sono riottose, non vogliono sentire ragione, sentono il mare, il richiamo delle spiagge…provo con le buone, poi passo alle cattive, intimandogli di smetterla e portare pazienza! Funziona… più o meno… siamo in vista di Portopalo. Foto di rito e sosta da Candiano…

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siamo stremati, abbiamo sonno: ci appoggiamo  a un muretto per dieci minuti di sonno, e qualcuno ci scatta questa bella foto….

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Si riparte, non prima di avere rubato qualche immagine ..una bellezza straordinaria questo luogo  

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Siamo in sella da  alcuni km quando un cane, piuttosto aggressivo, esce da un cortile e quasi fa cadere Maria; poche centinaia di metri ed altri tre cani si presentano minacciosi sul ciglio della strada. Perfetto troviamo i cani dove non dovrebbero essere! Torna la paura, ogni abbaiata o latrato mette sul chi va là. Non ho ben chiare le strade. Il sole è calato, si alterna l’attraversamento di luoghi abitati, lunghi tratti di strada in mezzo al nulla.

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Arriviamo a Siracusa, una sosta, un microsonno e il Colonnello Pino darà il meglio di sé 

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Incontriamo altri due randagi che si aggregano a noi.

Dopo Siracusa percorriamo una strada inquietante, con alberi e vegetazione lasciata a se stessa che invade la carreggiata….immagini che possa uscire qualsiasi cosa da lì cani randagi compresi. Ha un ché di mostruoso quella vegetazione…orchi pronti ad inghiottirci! Siamo in direzione Catania, vediamo la città ma più che avvicinarsi sembra allontanarsi, inoltre per ben due volte incontriamo un branco di cani…solo spavento. Al termine di una noiosa tangenziale siamo finalmente in città. Mancano circa 11 km ad Aci Trezza…lunghi e interminabili. Gli occhi vedono solo la strada e i compagni di viaggio. Sonia accenna a salirò, ci chiamiamo per nome, una sorta di appello per verificare se ci siamo tutti.

Ecco il cartello Aci Trezza, due pedalate e raggiungiamo l’Hotel “I Malavoglia”. Siamo arrivati, sono le h. 3,12 di venerdì 1 giugno. Dopo 1011 km quasi 9000 d+, con 6 ore di anticipo sul tempo massimo, stanchi, distrutti, abbiamo centrato l’Obbiettivo Trinacria! Facciamo apporre il timbro sulla carta di viaggio, una birra e ci sediamo a prendere fiato…così  per realizzare cosa abbiamo fatto.

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Venerdì 1 giugno

Per rientrare al campeggio abbiamo ancora   8 km da percorrere di cui 6 di salita
Passiamo davanti al mercato del pesce, in piena attività. E’ tanta la voglia di andare a riposare che non ci accorgiamo nemmeno di pedalare in salita! Una doccia e crolliamo addormentati. Ci svegliamo verso le 12,00. Ci godiamo la giornata, incontrando gli altri randagi rimasti. Una buona granita e, alla sera, un buona cena a base di pesce.

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Sabato 2 giugno – il rientro

Il viaggio di rientro avviene attraverso l’autostrada Adriatica, con sosta pomeridiana in Basilicata, a Nova Siri 

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E ancora una volta è la grande bellezza di questo paese a stupire!
Alle 3,00 di domenica mattina siamo a casa.

Cosa resta

Di questi 8 giorni cosa resta? Innanzitutto l’impresa, ché 1000 km son mica pochi!
L’impegno profuso per raggiungere il risultato, le pedalate dei mesi scorsi, la pioggia che ha rallentato la preparazione, la sensazione che mi ha accompagnato di non riuscire a farcela. Come se ci fosse qualcosa o qualcuno a volerlo impedire. Il malessere del primo giorno acuito dal problema alla scarpa, i fraintendimenti, e le difficoltà a trovare sintonia.
L’equilibrio ritrovato dopo 500 km. I miei Amici di tutti i giorni, che non sono solo la squadra, ma ben di più, e quanto di più! . L’avercela fatta ancora una volta tutti insieme.

L’avere ritrovato, dopo la 1001 Miglia, il Capitano Leo e la Capitana Sonia; e la solidità del Mito Eros, che ci da le dritte a tutti quanti. E poi Maria, un’anima bella, la nostra scalatrice preferita, che pare Froome quando parte, con la quale finalmente abbiamo fatto una “rando monumento”! Sei una di noi Maria!. Il “Colonnello” Pino di cui ricorderemo i rimbrotti e gli inviti a pedalare a destra…guai a spostarsi un po’ a sinistra…lavata di testa assicurata! Ma, soprattutto, i microsonni…su tutti quello al bar di Siracusa! Pino sei una certezza!

Una rando sofferta sotto tanti punti di vista, ma una rando poetica perché di poesia ce ne era davvero bisogno per finirla.

Che se ci penso, ancora adesso, a distanza di alcuni giorni, mi batte il cuore e l’anima si scuote al pensiero della Sicilia, della sua luna piena e del suo cielo stellato,  delle persone con cui ho pedalato per tre giorni dove le parole erano quasi superflue, dove bastava un cenno o un gesto per comprendere. Dove ho visto brillare certe luci negli occhi, come solo le avevo viste alla 1001 Miglia, e mi viene quasi da piangere dalla contentezza.

E arrivi alla fine di questi 1000 km  talmente carica, con il sangue che scorre così veloce, quasi surriscaldato, che ti trattieni, perché hai conservato un briciolo di autocontrollo…altrimenti partiva un pugno, un urlo e ti sedevi a piangere…una cosa che assomiglia alla rabbia, ma non lo è, forse è la paura, lo scampato pericolo di non riuscire a portarla a termine. Ma ti trattieni…così come capisci che li vorresti abbracciare tutti ma non è il momento, fai passare qualche ora….
E poi rimane la bellezza di una regione e della sua gente, l’accoglienza ovunque ci fermassimo, le parole di incitamento ricevute, e mai un aiuto negato; e ancora   i suoni del clacson dei camion che salutavano, ma anche il caos del traffico e i rifiuti che non si capisce come siano gestiti…rimane tutto questo, rimangono le persone, gli sguardi, i sorrisi ma anche le arrabbiature. Rimane ciò che fa andare avanti, ciò che rende sopportabile tutto questo: la bellezza delle persone con cui hai condiviso 1000 km e l’incanto dei luoghi.
Che è poi ciò che ti fa sperare, che ti  lascia un senso di pienezza e la voglia di progettare già qualcosa di nuovo.

Ringraziamenti

Un enorme grazie a Ciclo Tyndaris, la società che ha organizzato l’evento, a Salvatore Giordano e a Salvatore Bonfiglio, per la disponibilità dimostrata, per avere tracciato un percorso bello e impegnativo, per i consigli e le informazioni fornite. Come in tutte le cose vi sono aspetti che potrebbero essere migliorati, ma questo non ve lo devo dire io. Per quanto mi riguarda è stata l’occasione per conoscere una regione che non avevo mai visitato, averne tratto un’ottima impressione, avere visto luoghi incantevoli ed essere ripartita con la voglia di ritornare…magari senza la bicicletta! Grazie di tutto Salvatore Giordano e Salvatore Bonfiglio! 

Dati tecnici Sicilia No Stop

Written, edited and posted by Cinzia Vecchi “Cinziainbici”

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7 risposte a “Sicilia No Stop – il randoracconto di una “randonnée monumento””

  1. Come sempre un bel racconto. Leggo, con piacere, dei microsonni. Rivedo alcuni problemi come la tacchetta che a me dette problemi alla LEL, i viadotti e la “gibbosità” della 115 e, concordo, con Gela che è uno dei paesi più caotici. La luna piena è una caratteristica della SNS, mentre gli automobilisti sono stati al Conservatorio a studiare i clacson. Il mio rammarico che non son potuto venire è che siete saliti sull’Etna e forse per via dell’età non potrò esserci nel 2020. Tanti complimenti a Te, Sonia, Eros, Leo.

    • Microsonni ne abbiamo fatti diversi, d’altra parte in tre giorni avremo dormito non più di 7 ore…comunque è stata davvero una gran bella esperienza. Grazie di tutto Nico

  2. Ciao Cinzia, prima di tutto complimenti per aver portato a termine questa straordinaria avventura!! Avevo letteralmente i brividi leggendo il tuo racconto!! grazie per averlo condiviso con tutti noi ☺

    • Grazie di cuore 😉❤️ è stata un’esperienza straordinaria, di quelle che rimarranno per sempre. E, soprattutto, mi ha dato tantissimo dal punto di vista umano, consolidando rapporti di amicizia e creandone di nuovi. Insomma la bici è davvero magica 😉

  3. Bellissimo racconto, mi ha fatto rivivere ogni momento della Sicilia No Stop, emozioni che vanno scritte, sono quelle che ci rendono Randagi nell’anima.

    • Grazie Maurizio, è stata un’esperienza unica questa Sicilia No Stop. Emozioni a non finire, amicizie che si sono ulteriormente consolidate e nuove amicizie. I luoghi, poi, un incanto! Se potessi ripartirei subito!

  4. “la luna piena, capace di illuminare il buio delle paure, il riflesso sul mare… e viene voglia di rubarla l’immagine ma non si può, troppo pericoloso fermarsi, non rimane che portarla con sé, dentro al cuore e all’anima.”
    Le gambe ci sono di sicuro perché, se no, non avresti fatto tanti km; ma mi sa che c’è anche dell’altro se sai cogliere questi momenti.
    Fin da piccolo il piacere dello sport oltre al gesto e al risultato in sé è stato il conoscere, aprire gli occhi sul mondo, sui luoghi, sulle persone.
    il vostro gruppo era un’insieme di immagini e di parole scritte e adesso invece siete delle persone conosciute, come altri amici. ho pedalato poco fermandomi a Castelvetrano, ma ho un fatto un bel pieno di emozioni, come sempre accade dove, come dici tu, c’è gente e…poesia. Complimenti al tuo gruppo e a chi ho conosciuto in quel pezzetto fino a Cefalù.